Perché il meme Barbenheimer non è piaciuto in Giappone
Il trend che unisce i due film del momento, Barbie e Oppenheimer, è solo l’ultimo esempio di quanto sia profonda la distanza tra Giappone e Stati Uniti nella percezione delle bombe atomiche
In questi giorni, in ogni conversazione a un certo punto spunta questa domanda: “Ma sei andata a vedere Barbie?”
Il film diretto da Greta Gerwig sulla bambola più rosa e più famosa al mondo è un blockbuster che ha già superato gli 800 milioni di dollari di ricavi nel mondo. Ad accompagnarlo nella scalata dei film più visti nel 2023 c’è Oppenheimer, la pellicola di Cristopher Nolan sul fisico e direttore del Progetto Manhattan, Robert Oppenheimer.
I due film sono usciti nelle sale degli Stati Uniti lo stesso giorno, il 21 luglio 2023, innescando un meccanismo per il quale la promozione di uno è andata ad alimentare quella dell’altro, fino a che il nome non si è fuso in “Barbenheimer”. Un trend che ha fatto gola a molti fan, che subito si sono sbizzarriti nella creazione di meme con il mashup dei due film.
La visione di Barbie biondissime in mezzo a enormi funghi nucleari non è stata accolta con particolare entusiasmo in Giappone, dove in risposta è nato l’hashtag #NoBarbenheimer.
Benvenutə alla #4 puntata di Japanica.
“It’s going to be a summer to remember”, “Sarà un’estate da ricordare”, commenta l’account ufficiale del film Barbie su X (l’ex Twitter) sotto una locandina creata dai fan in cui si vede l’attrice Margot Robbie in braccio a Cilian Murphy, avvolti da una nube nucleare.
In un’altra ancora c’è Barbie accompagnata questa volta da Ken. I due sono in macchina e intorno a loro imperversano le fiamme. L’account ufficiale del film di Barbie commenta: “We’re always thinking Pink”.
Nel giro di qualche ora la Warner Bros si trova alle prese con la risposta compatta dei netizen giapponesi, che hanno fatto diventare virale l’hashtag #NoBarbehneimer condividendo decine di migliaia di volte post critici verso la casa americana produttrice del film Barbie.
A riassumere il motivo di tanta indignazione è l’account Twitter かろ (Karo) che scrive: “È nauseante vedere i creatori di Barbie usare bombe e funghi atomici per vendere il loro film. Nessuna smentita ufficiale potrà assolverli. È finita”. Più di 36mila persone hanno messo like al tweet e circa 17mila lo hanno ricondiviso.
Il 31 luglio, dopo una lunga giornata di polemiche e articoli sulla stampa internazionale, la Warner Bros Giappone ha pubblicato un comunicato di scuse prendendo le distanze dall’account statunitense.
La memoria custodita dagli hibakusha
Agosto è il mese in cui in Giappone vengono commemorate le 200mila vittime delle bombe atomiche del 6 e 9 agosto 1945 su Hiroshima e Nagasaki. Ogni anno la NHK, la televisione pubblica, trasmette le immagini delle celebrazioni e i documentari con le testimonianze degli hibakusha (被爆者), i sopravvissuti al disastro nucleare.
Persino il G7 di quest’anno, tenutosi a maggio, si è svolto per volontà del primo ministro Fumio Kishida nella città di Hiroshima proprio per inviare un messaggio simbolico alla comunità internazionale sulla necessità di lavorare insieme per costruire un mondo senza armi nucleari.
La memoria di quello che è avvenuto 78 anni fa è estremamente viva anche tra le generazioni più giovani, che non a caso in questi giorni hanno recuperato e condiviso una clip dell’anime del 1983 Hadashi no Gen (tradotto in italiano “Gen di Hiroshima”), tratto dall’omonimo manga di Keiji Nakazawa.
In particolare, la scena dell’impatto della bomba restituisce tutta la violenza e sofferenza di quei momenti: i corpi di bambini, uomini, donne e animali esplodono fino quasi a liquefarsi, con le pupille degli occhi che lasciano il posto a grossi incavi neri.
Come spiega Jeffrey J.Hall, docente alla Kanda University e autore del libro “Japan’s Nationalist Right in the Internet Age”, Hadashi no Gen non è un manga nazionalista: il suo autore ha sempre criticato aspramente le guerre di aggressione commesse dal Giappone imperiale.
Una delle percezioni distorte più diffuse negli Stati Uniti, prosegue Hall, è che la continua discussione sulle tragedie di Hiroshima e Nagasaki sia alimentata da un desiderio dei sopravvissuti di ottenere le scuse ufficiali dalla presidenza americana. I sondaggi dicono in realtà il contrario: le scuse non sono così importanti.
Gli hibakusha sono figure influenti nella società civile perché contribuiscono a conservare la memoria e tramandare un sentimento pacifista. Queste persone non sono dei nazionalisti di destra assetate di vendetta: promuovono piuttosto l’antimilitarismo come valore fondante e mettono in guardia sulle conseguenze drammatiche dell’utilizzo delle armi nucleari.
Tornando a #NoBarbenheimer, con questo hashtag i netizen giapponesi hanno voluto dire con forza che a loro quei meme - condivisi e amplificati dalla Warner Bros - non facevano ridere.
Non c’è alcun umorismo in una Barbie con un fungo atomico al posto dei capelli .
Secondo il giornalista Matt Alt, questo atteggiamento della casa di produzione americana si inserisce perfettamente in uno schema in cui, nelle pellicole di Hollywood, le armi nucleari sono dei semplici oggetti di scena.
Per i registi americani le esplosioni nucleari rappresentano poco più che un grandioso effetto speciale, un comodo deus ex-machina a cui ricorrere quando scarseggia immaginazione.
Da questo punto di vista, conclude Alt, #Barbenheimer è solo l’ultimo esempio di quanto sia profonda la distanza tra Stati Uniti e Giappone nella percezione della bomba atomica.
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Oggi invece degli articoli consiglio un libro. Per la collana Asia della casa editrice Add è uscito “La foresta trabocca” della scrittrice Ayase Maru, un romanzo dallo sguardo weird che sfida i pregiudizi di genere ed esplora, combinando realtà e fantasia, i sacrifici nelle relazioni di coppa e i confini tra arte e manipolazione.