Complottisti trumpiani a Seul
La prima newsletter del 2025 è un'edizione sperimentale che allarga lo sguardo a quanto sta avvenendo in Corea del Sud.
Una breve premessa prima di cominciare: la puntata di oggi esce fuori dai binari che mi ero data originariamente in questo spazio.
Nelle ultime settimane, ho avuto modo di seguire per il quotidiano Domani la crisi politica che sta travolgendo la Corea del Sud (qui l’archivio). Nella penisola coreana si stanno susseguendo una serie di avvenimenti che stanno mettendo a dura prova le istituzioni democratiche del paese.
Prima la proclamazione della legge marziale – durata qualche ora – da parte del presidente Yoon Suk-yeol; poi l’approvazione in parlamento della mozione di impeachment; poi ancora l’impeachment nei confronti del primo ministro e presidente ad interim Han Duk-soo che ha posto il veto sulle nomine dei giudici alla Corte Suprema; adesso, Yoon che fugge dal mandato di arresto barricandosi nella sua residenza protetta dagli agenti della sicurezza presidenziale.
Circa una settimana fa, l’intera popolazione è rimasta scossa per il drammatico incidente aereo della Jeju Air che ha provocato la morte di 179 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio.
Insomma: è un periodo estremamente complesso per la Corea del Sud, e da giornalista che – con tutti i limiti del caso – cerca di seguire e approfondire le dinamiche politiche e sociali che coinvolgono in particolare l’Asia Orientale, penso sia importante dedicare tempo e spazio a quanto sta avvenendo a Seul.
Il mio è anche un tentativo per capire se voi lettrici e lettori di questo piccolo spazio a cui tengo particolarmente (siete più di 1400!) siete disponibili a fare ogni tanto insieme a me qualche digressione che porti ai paesi vicini al Giappone.
Anche perché nessun paese è a compartimenti stagni: come avevo anche accennato nella puntata #29, quello che succede in Corea del Sud avrà e ha già – inevitabilmente – ripercussioni sul Giappone e sull’alleanza trilaterale con gli Stati Uniti.
Fine della premessa.
Immaginario trumpiano
Nel caos politico sudcoreano, c’è un fenomeno che trovo alquanto incredibile in un momento storico in cui ormai ci si può aspettare di tutto – e non in senso buono: i sostenitori e le sostenitrici di Yoon hanno fatto proprio un simbolismo e un linguaggio importato direttamente dagli Stati Uniti.
Tra bandiere USA e lo slogan “Stop the Steal”, gli elettori del presidente sospeso invocano il presidente eletto americano Donald Trump affinché, una volta insediatosi, aiuti Yoon a liberarsi dalla persecuzione della magistratura e a ristabilire l’ordine nel paese.

Benvenute e benvenuti alla puntata #32 di Japanica.
Il fallito arresto
Il primo tentativo di arrestare Yoon è fallito. Dopo sei ore di stallo in cui la polizia è stata bloccata dai circa duecento agenti della sicurezza presidenziale dispiegati intorno alla residenza, le forze dell’ordine hanno optato per la ritirata.
Il mandato di arresto – insurrezione e tradimento sono gli unici capi d’accusa per cui un presidente eletto non gode dell’immunità – era valido fino a oggi, lunedì 6 gennaio, ma in mattinata è arrivata la richiesta da parte dell’Ufficio investigativo anticorruzione di prolungare la durata della disposizione.
Come fa notare in un post su Bluesky il corrispondente del Guardian, Raphael Rashid, gli agenti presidenziali hanno rafforzato ancora di più la sicurezza intorno alla residenza di Yoon con recinzioni, fili spinati e veicoli disposti sia in orizzontale che verticale a ostacolare gli ingressi. Finché la sicurezza presidenziale rimarrà al servizio di Yoon sarà molto difficile per la polizia arrivare a lui.
A difendere l’ex procuratore (in una sorta di contrappasso, era stato proprio a Yoon a condurre le indagini per corruzione, nel 2017, nei confronti dell’ex presidente Park Geun-hye destituita per impeachment) ci sono anche le centinaia di manifestanti che stanno presiedendo l’area anche nel bel mezzo di temperature gelide.
Nei video e nelle foto raccolte dai giornalisti sul campo, si vedono sostenitori e sostenitrici di Yoon sventolare due bandiere: quella sudcoreana con il taegeuk rosso e blu insieme a quella a stelle e strisce americana.
Come spiega sempre Rashid del Guardian, se a un primo occhio la combinazione potrebbe apparire inaspettata e sconcertante, in realtà per i supporter di Yoon gli Stati Uniti rappresentano molto più che un paese alleato: sono piuttosto un ideale a cui puntare. C’è quasi una venerazione nei confronti del paese che ha liberato prima la Corea dal colonialismo giapponese e che poi ha difeso la Corea del Sud nella guerra del 1950-53.
“Spero che Trump, una volta insediatosi, possa utilizzare la propria influenza per aiutare il paese a tornare sulla strada giusta”, ha raccontato il settantaquattrenne Pyeong In-su. Secondo Pyeong, la polizia va fermata dai “cittadini patrioti”.
Su molti cartelli si legge, in inglese, “Stop the Steal” (“Fermate il furto”). Come molti di voi ricorderanno, l’espressione è stata usata dal mondo MAGA quando, nel 2020, gli elettori repubblicani, sobillati da Trump, accusarono i democratici di brogli elettorali.
Sappiamo poi come è culminata: 6 gennaio 2021, assalto a Capitol Hill. Oggi, tra l’altro, è l’anniversario.
“Stop The Steal”
Anche in Corea del Sud, molti supporter di Yoon sono convinti che le elezioni legislative dello scorso aprile, dove l’opposizione ha conquistato la maggioranza parlamentare, siano state truccate. Secondo un recente sondaggio di Korea Research Poll, parliamo di circa il 65% degli elettori di Yoon.
“Ogni giorno che esco di casa per questo presidio, dico a mia moglie che questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vede vivo, perché sono pronto a morire per la mia causa” - ha spiegato il signor Kim al New York Times – “non si tratta solo di proteggere il presidente Yoon, ma di salvare il mio paese per chi verrà dopo di me”.
Nonostante sia priva di alcun fondamento, questa teoria cospirazionista è stata diffusa e amplificata da numerosi canali Youtube di estrema destra che hanno avuto un ruolo cruciale nel portare, alle elezioni del 2022, i voti delle generazioni più giovani a Yoon.
La riconoscenza nei confronti di questi youtuber è talmente grande che molti di loro erano stati invitati alla cerimonia di inaugurazione del 2022. Più recentemente, l’avvocato e portavoce di Yoon, Seok Dong-hyeon, ha ringraziato a una manifestazione gli youtuber presenti e si è scagliato contro gli inquirenti.
“Seguo la vostra lotta attraverso il live streaming di Youtube”, ha dichiarato Yoon in un messaggio di fine anno rivolto ai suoi sostenitori radunati fuori dalla residenza. “Il nostro paese è in pericolo a causa delle forze anti-statali che impazzano, così come a quelle esterne che minacciano la nostra sovranità”.
Come in molte altre democrazie, anche in Corea del Sud è molto alto il numero di persone che dice di informarsi esclusivamente su Youtube: il 53 per cento degli intervistati su una media del 30 per cento nei 46 paesi presi in considerazione.
Se con la proclamazione della legge marziale, il 3 dicembre, le percentuali di consenso per Yoon erano scese ai minimi, negli ultimi giorni sembra ci sia un’inversione di tendenza che sta facendo risalire il suo indice di gradimento.
Il blocco conservatore pro-Yoon è sempre più polarizzato, radicale e cospirazionista.
US Steel - Nippon Steel: il patto d’acciaio salta
Il presidente americano, Joe Biden, ha annunciato di bloccare l’acquisizione da 14 miliardi di dollari della US Steel da parte del colosso giapponese Nippon Steel. La Commissione per gli investimenti stranieri (CFIUS) aveva espresso preoccupazioni per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Le due società, in un comunicato congiunto, si sono opposte alla decisione del presidente uscente che ordina alla Nippon Steel di abbandonare il piano di acquisizione entro i trenta giorni. L’industria siderurgica giapponese, che rischia di pagare una penale da 565 milioni di dollari, sta valutando di rispondere intraprendendo un’azione legale contro il governo statunitense.
In un articolo, il Nikkei mette in luce le contraddizioni della politica americana che da una parte vuole contrastare economicamente la Cina, dall’altra è isolazionista con i suoi stessi alleati.
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