Cosa succede adesso tra Corea del Sud e Giappone dopo il fallito golpe
L'instabilità politica in Corea del Sud, la leadership debole di Ishiba e il cambio di presidenza negli USA mettono a serio rischio gli equilibri del trilaterale su cui Washington aveva puntato tutto.
È stata una settimana decisamente intensa in Asia orientale, e mai come in questi giorni avrei voluto prendere un aereo e catapultarmi a Seul.
Come a Seul, direte voi. Ma non era una newsletter sul Giappone? Questa volta dovrò fare il giro un po’ più largo, ma ci arrivo.
Intanto, qui uno dei video più incredibili dell’anno.
Benvenute e benvenuti alla puntata #29 di Japanica.
La legge marziale e il fallito impeachment
Ripercorriamo insieme una settimana che ha dell’incredibile – e terribile.
Martedì 3 dicembre, il presidente della Corea del Sud Yoon Suk-yeol getta il paese in una macchina del tempo che lo riporta indietro di quarant’anni. In un discorso alla nazione, Yoon proclama la legge marziale per proteggere il paese “dalle forze comuniste della Corea del Nord”.
L’ordine prevede alcuni divieti, tra cui quello alle attività dei partiti politici, la falsa propaganda e gli scioperi e raduni che incitano a disordini sociali.
L’Assemblea Nazionale viene blindata dall’interno dalle forze militari mentre tutto intorno si radunano cittadini e cittadine sudcoreane per chiedere le dimissioni di Yoon e aiutare i deputati dell’opposizione a entrare in Aula per revocare la legge marziale.
Le immagini evocano i momenti più bui della storia contemporanea della Corea del Sud quando, nel 1980, le proteste di studenti e studentesse vennero repressero nel sangue nella città di Gwangju.
Alla fine, nell’arco di sei ore, il caos rientra con la revoca della legge marziale da parte dell’Assemblea Nazionale e il successivo ritiro della legge avanzato dallo stesso Yoon.
La settimana si chiude con la richiesta di impeachment nei confronti di Yoon andata al voto ieri.
Yoon galleggia – per il momento – grazie al boicottaggio al voto del partito di governo, il Power People Party (PPP). L’opposizione aveva bisogno di almeno otto voti favorevoli dei conservatori per raggiungere la quota dei due terzi richiesta al passaggio della mozione, ovvero 200 voti su 300 seggi totali. Con 195 voti, la mozione è stata respinta.
Ora si apre una fase di estrema instabilità politica in Corea del Sud. In questi giorni, il PPP ha fatto diverse inversioni di marcia prima criticando la deriva autoritaria di Yoon e poi ricompattandosi intorno alla sua figura.
A guardare il boicottaggio di sabato, sembra che la dirigenza del partito preferisca difendere Yoon piuttosto che consegnare il governo alle opposizioni. Eppure, gli equilibri sono precari (per maggiori dettagli rimando a un mio articolo uscito sul Domani) e non è detto che anche la prossima settimana, quando si andrà al voto per la seconda volta, il presidente scampi ancora alla messa sotto accusa.
In mattinata, il primo ministro Han Duck-soo e il Segretario del PPP Han Dong-hoon hanno annunciato che Yoon non parteciperà più a qualsiasi attività di stato o diplomatica anche prima di presentare “dimissioni anticipate ordinate”. Non è chiaro, però, con quale meccanismo costituzionale il partito potrebbe estromettere il presidente dai suoi incarichi politici.
Questa instabilità politica come si riflette nelle relazioni con il Giappone? Gli Stati Uniti possono ancora contare sulla triplice alleanza con Giappone e Corea del Sud che ha raggiunto il suo coronamento nel summit a Camp David lo scorso anno?

Un’alleanza dagli equilibri precari
Nella mozione di impeachment presentata dai sei partiti di opposizione all’Assemblea Nazionale, c’è un passaggio che non è stato accolto di buon grado a Tōkyō. Nelle conclusioni si legge:
Inoltre, con il pretesto della cosiddetta “diplomazia dei valori”, Yoon ha trascurato l’equilibrio geopolitico inimicandosi Corea del Nord, Russia e Cina e aderendo a una bizzarra politica estera incentrata sul Giappone che ha visto la nomina di filo-giapponesi in posizioni chiave del governo. Così, ha portato [la Corea del Sud] all’isolamento nel Nord-est asiatico e ha scatenato una crisi bellica rinunciando ai suoi doveri di protezione della sicurezza nazionale e dei suoi cittadini e cittadine.
Come scrive The Diplomat, questa parte suggerisce chiaramente la politica estera che perseguirebbe il leader dei democratici Lee Jae-ming (forse l’avrete visto in questi giorni mentre scavalca le recinzioni del parlamento in diretta streaming) se divenisse il prossimo presidente della Corea del Sud.
Insomma, ridimensionerebbe il trilaterale con Washington e Tōkyō - secondo Lee, il Giappone è in una “relazione predatoria” con la Corea del Sud - e terrebbe una posizione meno assertiva nei confronti dei tre paesi “antagonisti”.
Il caos politico arriva tra l’altro in un momento in cui il Segretario di Stato americano Lloyd Austin aveva in programma di visitare proprio Corea del Sud e Giappone per rafforzare la cooperazione trilaterale prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca.
Austin, però, ha cancellato il viaggio a Seul visto “il momento non appropriato” – ha motivato un suo ufficiale all’agenzia Reuters.
Anche il ministro della Difesa giapponese, Nakatani Gen, si è trovato a rimandare una visita prevista in Corea del Sud alla fine del mese.
Se a preoccupare era il ritorno alla presidenza di Trump e la sua assoluta imprevedibilità in politica estera, adesso si aggiunge l’instabilità politica provocata da Yoon.
“Le ferite autoinflitte da Yoon, unite alla leadership giapponese [di Ishiba Shigeru] ormai indebolita, lasciano gli Stati Uniti con due alleati fragili nel respingere le pressioni della Cina”, ha spiegato Bruce Klingner, ricercatore senior dell’Heritage Foundation a Washington. “Fino a qualche mese fa l’anello debole era il cambio di presidenza negli Stati Uniti”.
In un’intervista, si è espresso anche l’ex primo ministro giapponese Kishida Fumio: “La stabilità politica in Corea del Sud è cruciale per l’avanzamento delle relazioni con il Giappone”, ha detto.
A continuare a pesare, però, sui rapporti tra i due paesi è anche - o soprattutto - il passato coloniale del Giappone, che continua a fare orecchie da mercante alle richieste di scuse ufficiali e risarcimenti per i crimini commessi durante l’occupazione della Corea dal 1910 al 1945.
Fatta salva qualche iniziativa simbolica come la visita congiunta di Kishida e Yoon al memoriale di Hiroshima delle vittime coreane della bomba atomica, per il Giappone i rapporti con la Corea del Sud sono normalizzati dal 1965.
In Corea del Sud non sono della stessa idea. Come abbiamo visto anche in questa settimana in cui cittadini e cittadine sudcoreane hanno dimostrato di non aver dimenticato un passato autoritario, così non vengono lasciati alle spalle i trentacinque anni in cui i propri nonni o bisnonne sono state disumanizzate, violentate e saccheggiate dall’occupante straniero colonialista.
Pachinko
Un consiglio di lettura e visione sulle relazioni tra Corea del Sud e Giappone: in questi giorni ho finito di vedere la serie Pachinko ispirata al libro bestseller di Min Jin Lee. Pachinko è una saga familiare storica che attraversa diversi decenni del Novecento: ha inizio nel 1910 con l’occupazione giapponese della Corea e arriva nella Tōkyō del 1989, a un anno dallo scoppio della bolla economica. È una parte di storia che conosciamo molto poco qui da noi, e che restituisce tutto il dolore della popolazione coreana in quegli anni: di coloro che si trasferirono in Giappone volontariamente o con la forza e che vennero ghettizzati e razzialiati; dello stigma verso gli zainichi, i giapponesi coreani di seconda generazione.
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