Kishida è fuori, e adesso?
In un annuncio a sorpresa - ma non del tutto inaspettato - il primo ministro Kishida si ritira dalle elezioni per la leadership dei Liberal Democratici aprendo la corsa all'interno del partito.
Il primo ministro Kishida Fumio non si ricandiderà alla presidenza del Partito Liberal Democratico (PLD). L’annuncio è arrivato mercoledì scorso, quando Kishida ha spiegato che “il primo segnale per mostrare il cambiamento del partito è fare un passo indietro”. Questo vuol dire che chi verrà eletto a fine settembre alla guida del PLD succederà a Kishida anche come primo ministro del Giappone.
A spingere Kishida a non cercare una rielezione - spiega lui stesso in un post - c’è la decisione di volersi assumere la responsabilità per lo scandalo dei finanziamenti illeciti che ha travolto il PLD. A dicembre, la Procura di Tokyo aveva fatto emergere un sistema secondo cui diversi esponenti del partito di maggioranza avrebbero tenuto occulti per anni centinaia di milioni di yen ricevuti dai propri sostenitori. Lo scandalo aveva portato allo scioglimento delle principali correnti di partito.
Il consenso, già in calo per la Chiesa di Unificazione e gli stretti rapporti intercorsi con il PLD (ne avevo parlato nella puntata “Cosa vuol dire essere religiosi in Giappone?”), ha continuato inevitabilmente a diminuire fino all’annuncio di mercoledì scorso in conferenza stampa: “alle prossime elezioni è necessario mostrare alle persone che il PLD sta cambiando e che questo è un nuovo partito”, ha dichiarato Kishida.
Eppure, nelle scorse settimane il primo ministro non aveva dato segnali di voler mollare la corsa. Anzi: Kihara Seiji, uno dei suoi più stretti consiglieri aveva lasciato intendere alla stampa che Kishida non si sarebbe ritirato.
Cosa è successo, allora?
Benvenute e benvenuti alla puntata #19 di Japanica.
Perché Kishida si è ritirato
La risposta più plausibile è che settimane di valutazioni da parte di Kishida e il suo staff, per capire se ci sarebbero stati i numeri per vincere un altro mandato, avrebbero dato esito negativo. Da qui il ritratto che ne fa l’Asahi Shimbun di un Kishida amletico che studia passo passo la situazione fino a che il tempo glielo consente.
Secondo un retroscena raccontato sempre dal quotidiano, Kishida avrebbe detto all’ex capo del Consiglio generale del PLD, Endō Toshiaki che “seppur riuscissi a essere riconfermato alla guida del partito, è molto difficile vincere le elezioni generali”.
Altre ricostruzioni, come quella del giornalista Suzuki Tetsuo sul tabloid conservatore Yūkan Fuji, attribuiscono un peso decisivo alla volatilità dei mercati culminata con un crollo peggiore a quello del black Monday del 1987. L’episodio è stato rinominato sui social e da una certa stampa di destra come l’ “Ueda Shock” (植田ショック), con il chiaro intento di puntare il dito contro il governatore della Banca Centrale, Ueda Kazuo, che lo scorso 30 luglio ha deciso di alzare i tassi di interesse. Mentre l’Asahi Shimbun, il 5 agosto, suggeriva come il tonfo dei mercati potesse gettare delle ombre sulla strategia di rielezione di Kishida alla guida del PLD.
Sempre in politica economica, un altro fattore che ha contribuito alla perdita di consensi è stato il fallito tentativo da parte di Kishida di portare avanti il cosiddetto “Nuovo Capitalismo”, un piano di riforme che voleva stimolare la crescita aumentando i salari e il potere d’acquisto delle famiglie giapponesi.
Il ritiro di Fumio Kishida a tre anni dall’inizio del mandato sembra confermare la regola secondo cui i governi giapponesi non godono di particolare stabilità, eccezion fatta per Shinzo Abe e, prima di lui, Koizumi Jun'ichirō.
Della presidenza di Kishida è possibile ripercorrere alcuni momenti chiave: è stato il primo leader giapponese dal dopoguerra a recarsi in una zona in conflitto quando, nel marzo 2023, ha portato la propria solidarietà all’Ucraina visitando la città di Bucha. Kishida non ha mancato di sottolineare più volte come l’Asia orientale possa essere l’Ucraina di domani.
In questa ottica, ha innalzato il tetto massimo di spesa per la difesa di oltre 7 trilioni di yen (circa 47 miliardi di euro) per i prossimi cinque anni e ha rafforzato l’alleanza con gli Stati Uniti. Ad aprile era volato in visita ufficiale a Washington D.C. dove aveva tenuto in inglese un lungo discorso al Congresso.
Nel maggio 2023 ha raccolto i leader del G7 a Hiroshima, sua città natale e luogo simbolo dell’olocausto nucleare. Una scelta significativa in un momento storico in cui l’opzione nucleare viene messa continuamente sul tavolo da Russia e Corea del Nord.
Chiunque sia il suo successore, scrive Nikkei Asia, avrà un bel grattacapo da risolvere. Non è ancora chiaro come il Giappone riuscirà a sostenere economicamente le tre politiche su cui Kishida ha investito maggiormente: aumento del budget della difesa, incentivi alla natalità e decarbonizzazione.
I nomi in lizza per la leadership
A godere di maggior consenso tra gli elettori e elettrici c’è Ishiba Shigeru, ex Segretario Generale del partito e ministro della Difesa dal 2007 al 2008. A lungo tra gli esponenti più critici di Shinzo Abe, Ishiba ha dichiarato mercoledì che correrà alle elezioni se riuscirà ad ottenere la fiducia di almeno 20 sostenitori tra le fila del partito. Il politico 67enne, infatti, se da una parte è il favorito nei sondaggi dall’altra non è mai riuscito ad avere abbastanza voti nelle candidature del 2008, 2012, 2018 e 2020.
Altro nome papabile alla successione di Kishida è Konō Tarō, attuale ministro per il Digitale. Come Ishiba, anche lui gode di maggiore consenso tra l’opinione pubblica che all’interno del partito, anche se la cattiva gestione dell’identità digitale con la My Number Card (tutta la vicenda l’avevo raccontata qui), ha intaccato la sua immagine di brillante outsider della politica.
Se invece il PLD procedesse nel modo tradizionale, seguendo le correnti di partito, la scelta ricadrebbe sul numero due Motegi Toshimitsu. Tuttavia, proprio in conseguenza della dissoluzione delle correnti, la sua corsa verso la posizione apicale del partito appare più incerta.
C’è anche un volto femminile tra i contendenti alla presidenza del PLD: la ministra della Giustizia, Kamikawa Yōko, potrebbe diventare la prima ministra donna del Giappone. Come suggeriva qualche tempo fa Tobias Harris nella newsletter Observing Japan, se si prospettasse una vittoria di Kamala Harris alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, non è escluso che il PLD possa prendere in seria considerazione l’opzione Kamikawa emulando così Washington. Al contrario, se il favorito fosse Trump, la leadership di partito eviterebbe di far ricadere la scelta su una donna vista come troppo poco forte per gestire i rapporti con il candidato repubblicano.
Infine c’è lui: Koizumi Shinjirō, figlio di quel Koizumi Jun'ichirō. Già ministro dell’Ambiente, Koizumi, 43 anni, è il più amato tra i giovani elettori. Nel 2020, aveva fatto clamore la sua decisione di prendersi il congedo di paternità di due settimane (in Giappone lo chiede poco più del 15% dei lavoratori maschi), mentre lo scorso settembre si era fatto riprendere in mare con una tavola da surf, lungo le coste di Fukushima, per sgombrare il campo dalle critiche di chi sosteneva che lo sversamento delle acque della centrale nucleare Dai-ichi sarebbe stato pericoloso.
Altre cose che potrebbero interessarti:
L’avvertimento lanciato per la prima volta dall’Agenzia meteorologica giapponese sull’alta probabilità che un “megaterremoto” di magnitudo 9.1 si abbatta sul Giappone nei prossimi trent’anni ha generato un clima di ansia diffusa, eppure sappiamo che non è possibile prevedere i terremoti. Cosa c’è, quindi, dietro al messaggio lanciato dalla JMA? Un articolo del MIT Technology Review.
Nella lunga e delirante diretta tra Elon Musk e Donald Trump su X, i due parlando di energia nucleare citano Hiroshima e Nagasaki. Il passaggio, in breve, è andato così:
E.Musk: “Hiroshima e Nagasaki sono state bombardate, eppure adesso sono tornate ad essere delle città”
D.Trump: “è fantastico”
E.Musk: “Vuol dire che [la bomba atomica] non è così spaventosa come le persone pensano…”
Sarà che siamo vicini agli anniversari dei due bombardamenti, ma in questo periodo sto recuperando molta della genbaku bungaku, la letteratura della bomba atomica. Di seguito vi segnalo alcuni titoli, mentre qui mi riservo di citare un paio di passaggi da Note su Hiroshima di Ōe Kenzaburō:
La ragione per cui gli hibakusha (lett. “le persone bombardate” ndr) sono divenuti “interpreti della natura umana” sta nel fatto che sono stati costretti a vivere i giorni più crudeli che la storia dell’umanità ricordi.
Hiroshima è come una ferita aperta su tutto il genere umano, e al pari di tutte le ferite, anche questa pone due possibili sviluppi: la speranza di guarigione da un lato e il pericolo di un’infezione dall’altro.
Consigli di lettura:
“La pioggia nera”, Masuji Ibuse - Marsilio (a cura di Luisa Bienati)
“Note su Hiroshima”, Ōe Kenzaburō - Garzanti (trad. Gianluca Coci)
“Città di cadaveri”, Yōkō Ōta - Inari Books (trad. Veronica De Pieri)
Se ti è piaciuta Japanica, condividila con chi vuoi e dove vuoi. Quelle precedenti sono consultabili nell’archivio.