L'Armata Rossa Giapponese e l'attentato all'aeroporto di Tel Aviv del 1972
La Nihon Sekigun è stata una frangia rivoluzionaria comunista che negli anni Settanta operò in stretti legami con il Fronte di Liberazione Palestinese come ci dimostra la storia di Okamoto Kozo
È il 30 maggio 1972, tre giovani giapponesi si sono imbarcati da Roma diretti a Tokyo. Appaiono come dei turisti o forse degli uomini d’affari di ritorno da un viaggio di lavoro in Europa. Fanno scalo all’aeroporto di Lod (oggi conosciuto come aeroporto Ben Gurion), a Tel Aviv. Sono nella sala per ritirare i bagagli quando ad uno ad uno aprono le borse e afferrano i fucili automatici di produzione cecoslovacca Vz 58 e le granate nascoste all’interno. In meno di due minuti uccidono ventisei persone e ne feriscono altre ottanta. Diciassette delle vittime sono una comitiva di fedeli cristiani di nazionalità portoricana in pellegrinaggio, uno è un biofisico israeliano di fama internazionale, gli altri otto sono turisti e personale dell’aeroporto.
Benvenutə alla puntata #9 di Japanica.
È un attentato suicida e loro non devono sopravvivere. Sono rimasti d’accordo che alla fine dell’attacco si faranno esplodere mutilando il proprio volto così da essere irriconoscibili. Non vogliono che le conseguenze del loro gesto ricadano sulle proprie famiglie in Giappone. Solo che i piani non vanno come previsto e uno di loro, Okamoto Kozo, ha finito le granate e quando viene catturato non oppone alcuna resistenza.
Il nome che ha scelto sul passaporto falso non è casuale: Daisuke Namba, come il nome del giovane militante che attentò alla vita dell’allora principe reggente Hirohito nel 1923. Namba era un membro del Partito Comunista Giapponese. Non sono casuali neanche le date di nascita: coincidono infatti con il giorno dell’attacco a Pearl Harbor, con il tentato colpo di stato militare negli anni Trenta e infine, con il dirottamento dell’aereo in Corea del Nord dell’Armata Rossa Giapponese avvenuto appena due anni prima.
Okamoto è un membro dell’Armata Rossa Giapponese (日本赤軍, Nihon Sekigun) una frangia militante e rivoluzionaria comunista fondata dagli attivisti Shigenobu Fusako e Okudaira Tsuyoshi, che negli anni Settanta ha operato soprattutto in Libano in collaborazione con il Fronte Popolare di Liberazione Palestinese (FPLP).
Quella all’aeroporto di Tel Aviv è un’operazione congiunta dei due gruppi rivoluzionari e Okamoto ha appena terminato la settima settimana di addestramento in Libano quando gli viene chiesto di prendere parte all’attentato. Okamoto era arrivato a Beirut perché voleva rivedere il fratello Takeshi, anche lui nell’Armata Rossa Giapponese, ma non era quello il solo motivo. L’idea di addestrarsi e diventare un guerrigliero lo affascina, anche perché in Giappone – dove le armi sono difficilmente reperibili – è praticamente impossibile ricevere un addestramento.
Okamoto è uno studente della facoltà di Agricoltura all’Università di Kagoshima quando si avvicina ai gruppi studenteschi di sinistra. Nella sua università non ci sono movimenti radicali e spesso con uno sparuto gruppo di persone deve viaggiare fino alla città di Fukuoka per manifestare contro la presenza militare degli Stati Uniti. Okamoto partecipa a tutte le proteste di piazza, ma si rende presto conto che quella è solo una forma di “masturbazione” che fa sentire bene gli studenti ma che non porta nessun cambiamento.
Attraverso il fratello viene a conoscenza dell’Armata Rossa Giapponese e ne diventa il rappresentante nella sua università. Vista la lontananza geografica non partecipa alle assemblee e molti non lo conoscono neanche di persona, ma nel 1971 viene incaricato di organizzare all’interno dell’università eventi divulgativi come la proiezione della “Dichiarazione di guerra dell’Armata Rossa e del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese”.
Asama Sansō jiken
Nel febbraio del 1972 avviene uno degli episodi più eclatanti della storia dei movimenti della sinistra extra-parlamentare giapponese, l’Asama Sansō jiken. Ricercati e sotto la continua sorveglianza della polizia, alcuni militanti dell’Armata Giapponese Unita (una coalizione tra Armata Rossa e un’ala trotzkista della Nuova Sinistra) si nascosero in un rifugio di montagna prendendo come ostaggio la proprietaria della struttura. Dopo aver resistito per nove giorni all’assedio di 1200 agenti delle forze dell’ordine, i militanti dell’Armata Rossa Unita vennero catturati vivi. La diretta del giorno dell’arresto venne trasmessa da tutti i network televisivi per dieci ore di seguito con il 98,2% dei telespettatori incollato allo schermo.
Okamoto, che nel frattempo si trovava già a Beirut, ricevette subito una lettera con le indicazioni di lasciare il Libano il prima possibile. Per mesi Okamoto prende voli e cambia città tra Stati Uniti ed Europa, fino ad arrivare a Roma e a quel volo Air France che lo porterà a Tel Aviv, all’aeroporto di Lod.
La detenzione e il processo
Okamoto venne accusato di terrorismo politico e reati militari secondo il regolamento imposto dai britannici nel 1945 dopo la Grande rivolta araba. Inizialmente Okamoto rifiuta un avvocato per la difesa, vuole infatti essere processato e riconosciuto come colpevole. Per svolgere però il processo deve per forza averne uno: gli viene assegnato Max Kritzman, un avvocato cresciuto a Chicago che ha maturato esperienza in Israele in casi di terrorismo.
Kritzman si è già messo al lavoro per costruire la strategia difensiva dell’imputato, ma non sa che sarà il suo stesso cliente a minarla in tutti i modi. Okamoto vuole essere condannato a morte, ma da sopravvissuto sente il dovere di sfruttare la visibilità del processo per spiegare i motivi dell’attentato e gli ideali rivoluzionari.
Ogni volta che l’avvocato Kritzman chiede ad Okamoto di rimanere in silenzio così da dichiararsi “non colpevole”, Okamoto confessa e rivendica l’azione congiunta dell’Armata Rossa e del FPLP. Se Kritzman chiede l’esame per attestare l’infermità mentale, Okamoto reclama a gran forza che lui è normalissimo. A quel punto Kritzman intravede un’ultima possibilità di difendere il proprio cliente in un errore commesso dall’accusa: hanno dimenticato di inserire l’età anagrafica negli atti del processo. Ma anche questa volta Okamoto si alza in piedi e dichiara che lui di anni ne ha ventiquattro e non è minorenne.
La guerra che sta conducendo l’Armata Rossa non è una guerra tra stati – spiega Okamoto in udienza – ma una rivoluzione dove le persone che sono dalla parte della società borghese verranno massacrate. Quando la studiosa Patricia G. Steinhoff intervista Okamoto e gli chiede che tipo di società immagina dopo la rivoluzione, lui risponde: “Questa è la domanda più difficile per i rivoluzionari. Non sappiamo davvero come sarà”. Okamoto è convinto che la storia gli darà ragione. Non esclude che i rivoluzionari possano commettere degli errori, ma le rivoluzioni non sono sempre qualcosa di bello, anzi sono violente e durante il loro corso molte persone perdono la vita.
In un certo senso, conclude Steinhoff, Okamoto è stato uno strumento attivo della strategia dei gruppi armati palestinesi contro Israele, dall’altra è stato un terrorista che ha agito per motivi personali, per le proprie frustrazioni e convinzioni politiche.
Okamoto non venne condannato a morte e, nel 1985, venne rilasciato in uno scambio di 1.150 prigionieri che fece Israele in cambio di tre dei suoi soldati catturati e tenuti in ostaggio. Okamoto tornò in Libano dove gli venne assicurato lo status di rifugiato politico e si convertì alla religione islamica.
Alcune delle fonti che ho utilizzato per scrivere la newsletter:
Portrait of a Terrorist: An Interview with Kozo Okamoto, Patricia G. Steinhoff - (Asian Survey)
Terrorism at Tel Aviv Airport and a "New Left" Group in Japan, Yoshihiro Kuriyama (Asian Survey)
The Japanese Left Has a Complex and Turbulent History, William Andrews (Jacobin)