Le città della truffa stanno diventando un problema per tutta l'Asia
Tra le oltre settemila persone salvate dalle forze dell'ordine thailandesi nelle scam city al confine con il Myanmar, per la prima volta ci sono anche persone di nazionalità giapponese.
“Ho un lavoro per te all’estero”. Un breve messaggio inviato su Telegram incuriosisce il giovane Minato (nome di fantasia ndr), sedicenne residente nella prefettura di Aichi.
Minato è interessato a quel lavoro, gli sembra un’opportunità, così segue le istruzioni che gli dà l’uomo con cui è in contatto. Prende un aereo per Bangkok e, all’aeroporto della capitale thailandese, sale sulla macchina che è lì ad attenderlo.
Il viaggio in auto dura quasi sette ore. Minato non capisce ancora dove si trova, ma ciò che lo aspetta non è sicuramente paragonabile al luogo di lusso che gli era stato promesso. L’adolescente giapponese è finito nella scam city di Myawaddy, al confine tra Thailandia e Myanmar, dove si stima che decine di migliaia di persone siano detenute in enormi compound e costrette a condurre truffe online in tutto il mondo sotto il controllo della criminalità organizzata soprattutto cinese.
Benvenute e benvenuti alla puntata #38 di Japanica. Nella puntata di oggi parto da un caso di cronaca giapponese per arrivare a tracciare un fenomeno più ampio che sta colpendo tutta l’Asia.
La prima vittima giapponese
“In Giappone, i lavori part-time illegali - dove le persone sono arruolate per condurre crimini sui social media - sono diventati un problema sociale”.
A lanciare l’allarme in un editoriale di recente pubblicazione è lo Yomiuri Shimbun. La notizia del rientro in Giappone di un adolescente giapponese, salvato dalle forze di polizia thailandesi che hanno condotto una grossa operazione al confine con il Myanmar, ha destato preoccupazione rispetto al fenomeno delle scam city e alla pervasività di questa rete criminale internazionale.
“Alcuni dettagli non sono ancora chiari: come è finito solo in Myanmar? In che modo è stato costretto a svolgere truffe? I militari e la polizia thailandese l’hanno identificato come la prima vittima giapponese di traffico di esseri umani nel paese. Eppure, secondo i media nipponici, sarebbero coinvolti altri cittadini”, sono alcuni dei quesiti che si pone Shin Nakayama su Nikkei Asia.
Da quando, nel 2021, è scoppiata la guerra civile in Myanmar, gruppi criminali provenienti soprattutto da Cina, Hong Kong e Taiwan hanno approfittato del caos politico per occupare vasti territori al confine con la Thailandia e il Laos e costruire intere città all’insegna dell’illegalità.
Il generale di polizia Thatchai Pitaneelaboot, direttore del Centro contro il traffico di essere umani della Thailandia, ha dichiarato al Guardian che sono dai 30 ai 40 i gruppi criminali, prevalentemente cinesi, che controllano questi centri.
Anche la maggior parte delle vittime è cinese, ma a finire nella rete delle scam city ci sono persone provenienti da più di trenta paesi tra cui Filippine, Bangladesh, Etiopia, Nepal e Brasile.
Un mercato da 37 miliardi
Il giovane thailandese Kai (anche questo nome di fantasia) ha raccontato a Nikkei Asia del periodo in cui è stato uno “scammer”, un truffatore. Aveva appena fatto perdere a un suo connazionale tutti i risparmi convincendolo a fare un prestito per curare la madre malata, quando il supervisor cinese, seduto lì accanto, ha intimato a Kai di rivelare alla persona dall’altra parte dello schermo della truffa.
A quel punto l’uomo thailandese, compreso il raggiro, tira fuori una pistola, se la punta alla tempia e preme il grilletto. Gli schizzi di sangue ricoprono copiosi la webcam attiva. Kai si volta e vomita.
Ovviamente non esisteva alcuna madre da curare: creare una relazione di fiducia con persone online per poi estorcere soldi è uno dei modi con cui i “lavoratori” delle scam city riempiono le casse dei loro “datori di lavoro”.
“È stato il momento peggiore della mia vita”, ha confessato Kai a Nikkei Asia. “Volevo tornare a casa, non ne potevo più di vedere scene simili”.
Le persone che si rifiutano di fare le truffe online, vengono sottoposte a torture fisiche o costrette alla prostituzione e alla pornografia online. In un servizio alla TV Asahi, un uomo originario del Bangladesh mostra le cicatrici lasciate sul corpo dai suoi seviziatori.
Le Nazioni Unite stimano che le perdite economiche dovute alle truffe online nell’Asia orientale e nel Sud-est asiatico ammontano a una cifra che, nel 2023, era compresa tra i 18 e i 37 miliardi. Sempre secondo l’organismo internazionale, almeno 120mila persone in Myanmar e altrettante 100mila in Cambogia sono trattenute contro la propria volontà e costrette a commettere truffe online. La maggior parte di loro vengono adescate con false promesse di lavori ben retribuiti in località da sogno.
Nell’ultimo anno, le operazioni delle forze dell’ordine thailandesi si sono intensificate andando a interrompere e tagliare le forniture di carburante e elettricità in queste aree. La più recente di queste ha portato alla liberazione di 7000 persone, di cui duecento, di nazionalità cinese, sono già state rimpatriate.
Molto più precaria, invece, la situazione nella quale si trovano gli altri uomini e donne liberati: scrive il corrispondente della BBC, Jonathan Head, che in questo momento in centinaia si trovano accampati in centri di fortuna in condizioni igienico-sanitarie scarse e cibo insufficiente.
Come un post su Weibo ha salvato l’attore Wang Xing
A gennaio, a finire nella rete criminale delle scam city era stato anche l’attore cinese Wang Xing. Il trentunenne, contattato su WeChat da una presunta agenzia di intrattenimento, arriva il 3 gennaio in Thailandia convinto di prendere parte a un progetto cinematografico.

Di Wang, però, si perdono le tracce dopo poche ore dall’arrivo a Bangkok. Dopo due giorni di silenzio, la fidanzata Jia Jia pubblica sulla piattaforma Weibo un post in cui fa appello alla rete per dare maggiore risonanza alla sua richiesta di aiuto.
Il post diventa virale, grazie anche alla ricondivisione di altre celebrità del mondo dello spettacolo, facendo diventare così la cattura di Wang un caso nazionale. L’eco mediatica permette di accelerare le operazioni di salvataggio: il 7 gennaio Wang, con la testa rasata ma comunque sano e salvo, sale su un aereo di rientro per la Cina.
La vicenda dell’attore rimasto per quattro giorni ostaggio della rete criminale ha terrorizzato chiunque avesse in programma una vacanza in Thailandia, soprattutto in occasione del Capodanno cinese, provocando una cancellazione di massa delle prenotazioni nel paese del Sud-est asiatico. Anche sulle piattaforme social hanno impazzato i contenuti sul tema.
Da tempo Pechino ha intensificato le operazioni bilaterali con Thailandia e Myanmar per contrastare il business delle scam city al confine tra i due paesi, anche perché – come abbiamo visto – sono proprio cittadini e cittadine cinesi a essere le principali vittime di questo sistema criminale che ha approfittato dell’instabilità politica e della corruzione in Myanmar per costruire queste città della truffa.
Nell’ultima settimana, il fatto che Pechino abbia potuto rimpatriare nella regione dello Xinjiang 48 persone di etnia uigura, minoranza turcofona musulmana repressa dalla maggioranza Han, ci dice anche un’altra cosa: con l’insediamento di Trump alla Casa Bianca gli equilibri internazionali sono saltati, come è saltato anche l’ordine mondiale per come lo conosciamo dal secondo dopoguerra.
Non è da escludere che la concessione fatta dalla Thailandia sia solo un primo segnale di avvicinamento a Pechino, e un pessimo danno di immagine – come riporta Francesco Radicioni su Radio Radicale – per il paese che, proprio quest’anno, è entrato a far parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Per approfondire
“Le città della truffa”, episodio 85 del podcast Altri Orienti di Simone Pieranni.
Casinos, high-rises and fraud: The BBC visits a bizarre city built on scams, il reportage del corrispondente dal Sud-est asiatico per la BBC Jonathan Haidt.
Bangkok consegna a Pechino 48 uiguri, dalla newsletter In Asia di Junko Terao su Internazionale
Altre notizie dal Giappone
Nella regione settentrionale di Iwate sono scoppiati incendi talmente intensi e estesi come non se ne vedevano da almeno trent’anni.
Il sindacato per i lavoratori e lavoratrici nella sanità hanno indetto uno sciopero nazionale per il 28 febbraio. Era da almeno due anni che non si organizzava uno sciopero nazionale di questo tipo.
Secondo le stime del professore Hiroshi Yoshida, nel 2720 in Giappone ci sarà un solo bambino/a di età pari o inferiore a 14 anni. A partire da questa notizia, sempre Simone Pieranni parla di crisi demografica nell’ultima puntata di Fuori da qui.
Da leggere
Questa settimana è uscito per Add Editore il nuovo libro di Matteo Miavaldi, “Un’altra idea dell’India”. Grazie alla sua conoscenza approfondita e all’esperienza maturata sul campo, Miavaldi scardina la narrazione che negli anni si è cristallizzata intorno a questo paese. L’India, spesso, resta ingabbiata in un’immagine preconfezionata per cui rimane la culla della spiritualità e della non violenza. C’è però un altro volto dell’India, quello di Narendra Modi e del nazionalismo hindu, che è quello in cui ci porta Miavaldi in questo libro-reportage.
Per rispondere a questa email, proporre una collaborazione o suggerirmi un tema per la newsletter rispondi a questa email o scrivimi a eleonorazocca3@gmail.com. Mi trovi anche su Instagram, Bluesky e TikTok.