Uketsu, lo scrittore mascherato da milioni di copie
L'autore di mockumentary in cima alle classifiche arriverà presto anche in Italia. Ne ho parlato con il suo traduttore dal giapponese, Stefano Lo Cigno.
Uno strano autore ha conquistato il panorama letterario giapponese e, adesso, fa capolino anche su quello internazionale. Il suo nome è Uketsu (雨穴, lett. “pioggia buco”), indossa una maschera bianca e usa un modulatore vocale per modificare il tono della voce.
Pare che alle aste editoriali ci sia stata una lotta agguerrita tra case editrici per accaparrarsi i diritti delle sue opere, a seguito del grande successo in patria. Per tutto il 2024, tra i dieci libri fiction più venduti in Giappone tre erano i suoi.
Per capire meglio questo personaggio grottesco che scrive storie afferenti al genere mistery/horror, ho contattato Stefano Lo Cigno, ricercatore presso l’Università di Bologna e traduttore dal giapponese di 変な絵 (lett. “strani disegni”), prossimamente in uscita per Einaudi.
Dal 19 marzo, invece, sarà disponibile “La strana casa” edito da J-POP, adattamento manga del romanzo Henna ie di Uketsu con i disegni di Kyo Ayano.

Benvenute e benvenuti alla puntata #35 di Japanica.
Milioni di copie vendute e un canale Youtube seguitissimo, chi è Uketsu?
Non lo sa nessuno chi sia, perché è un autore con la maschera - si dice così in Giappone - non si sa che età abbia ma dall’aspetto fisico, presumibilmente, parrebbe un uomo. Utilizza un modulatore vocale che gli conferisce questa voce un po’ femminile e acuta - anche carina - che crea questo gap con il suo aspetto grottesco e bizzarro. Ricorda il Senza-Volto de “La Città incantata” di Miyazaki.
Tra le poche cose note su Uketsu, sappiamo che era un aspirante fumettista. Ha provato a intraprendere la carriera di mangaka per poi virare sulla scrittura. Ha iniziato a pubblicare i suoi testi su questa piattaforma che si chiama Omokoro, una casa editrice digitale.
In parallelo ha iniziato anche il suo percorso da youtuber, che probabilmente è quello che gli ha dato maggiore visibilità. Sul suo canale racconta le sue storie in una sorta di audiobook visivo, creando delle vere e proprie opere d’arte - oserei dire. È un artista poliedrico oltre a essere un personaggio assolutamente particolare della letteratura horror giapponese.
Perché i suoi racconti, appunto, sono mistery/horror.
Esatto. Il genere è quello dei mockumentary, ovvero del falso documentario, che non è nuovo al pubblico giapponese ma negli ultimi anni era un po’ sparito dalla circolazione. Uketsu ha avuto il merito di riproporlo nel formato di blog, prima, e poi in quello audiovisivo con Youtube. La sua bravura sta nel creare trame ben architettate.
Quanto ha contribuito la sua figura così misteriosa e grottesca al successo del suo personaggio?
Poco prima della recente pubblicazione di “Strani disegni” in inglese, in Giappone è uscito il formato tascabile del romanzo corredato da una bandella (in giapponese viene chiamata obi, “cintura”) con sopra la sua immagine. Evidentemente ha un forte impatto visivo perché le vendite sono schizzate.
Secondo me, è davvero un caso particolare perché non è l’autore anonimo che non si fa vedere in pubblico. Lui esce allo scoperto, è su Youtube e fa delle cose strane tipo stendere in terrazzo dei cuscini che ricordano dei brandelli di carne. Anche in occasione del lancio del libro in Inghilterra, ha tenuto per la prima volta una conferenza stampa parlando in inglese, una lingua solitamente non parlata molto bene in Giappone.
Insomma: presentarsi con una maschera, vestito in quel modo e rispondendo alle domande in inglese con una voce modulata denota una certa personalità. Sinceramente non immaginavo che sarebbe potuto diventare un fenomeno di scala mondiale. Hanno comprato i diritti dei suoi libri in trenta paesi con la traduzione in più di trenta lingue, ai livelli quasi di Murakami Haruki.
Allargando lo sguardo al panorama editoriale, il genere del giallo è sempre stato ben accolto da lettori e lettrici giapponesi?
Il giallo è sempre stato molto di moda e ha sempre venduto tanto in Giappone. Dalla fine degli anni Ottanta, ovvero dalla corrente del neoclassico, sono venuti fuori diversi autori: i primi, capitanati da Ayatsuji Yukito, si rifacevano al giallo della golden age, quindi ad Agatha Christie, Ellery Queen e John Dickson Carr.
Da metà degli anni novanta, invece, sono arrivati - e continuano tutt’oggi - autori inspiegabilmente inediti in Italia come Kyōgoku Natsuhiko, che ha scritto “L’estate della Ubume”, che non è un semplice giallo/horror ma quasi un trattato filosofico. Questa corrente si è discostata dal giallo classico o dall’horror banalmente paranormale, e ha preso altre direzioni riscoprendo storie folcloristiche basate su credenze, miti e leggende legate allo shintoismo e radicate, quindi, nella cultura religiosa autoctona giapponese.
Arrivando al giorno d’oggi, hanno molto successo anche i truecrime - basati su fatti di cronaca realmente accaduti - ma da Uketsu in poi, il grosso del mercato l’hanno conquistato i mockumentary.
Quanto è complesso portare in traduzione libri come quello di Uketsu e in generale di autori e autrici giapponesi?
Quando leggo un libro lo leggo sempre nell’ottica della traduzione, chiedendomi “in italiano come sarebbe?”. Inevitabilmente, in traduzione alcune cose si vanno a perdere, c’è sempre un residuo.
Nel caso di Uketsu, il residuo è minore: i suoi sono testi leggibili a livello universale perché non troppo connotati. Se penso, però, all’autore che sta raccogliendo più interesse dopo Uketsu, Sesuji, il discorso si fa diverso.
Il suo libro più famoso, che in italiano potremmo tradurre “In merito a un luogo nella regione di Kinki” - detta così sembrerebbe quasi un articolo di giornale o di tipo scientifico - è un’opera anche più particolare di quella di Uketsu.
In questo caso il paranormale è profondamente legato ai rituali e alla cabala giapponese che conoscono i giapponesi. È difficile, in traduzione, andare a spiegare ogni volta cosa c’è dietro a un elemento culturale. Nell’horror spiegare è un tabù, e le note spezzerebbero il ritmo di lettura. Farebbe perdere tutto il gusto dell’occulto.
Bisognerebbe trovare un giusto bilanciamento. Per quanto, penso che portare libri di questo tipo aprirebbero nuove finestre sul Giappone: non c’è solo il tempio molto bello con tutti i suoi torii rossi (portali), c’è anche il lato oscuro di queste cose.
Perché i templi shintoisti, spesso e volentieri, nascono per tenere a bada le divinità che non sono buone e misericordiose. Si costruiscono templi per non far arrabbiare il kami. Alla base del pensiero shintoista non c’è propriamente un senso di ammirazione per la divinità, piuttosto la venerazione è dettata dalla paura verso la natura.
Nei romanzi c’è tutto questo mondo oscuro e sconosciuto che, però, se non spiegato temo possa risultare incomprensibile. Il lettore o la lettrice non capirebbero effettivamente neanche cosa fa paura.
La paura di stampo americano, alla Stephen King per intenderci, richiama l’immaginario dei mostri, degli zombie, dei vampiri o degli animali che risorgono. È la paura dello jumpscare.
In Giappone, invece, la paura è un qualcosa che nasce da dentro, potremmo dire proprio intrinseca alla cultura. Pensiamo a Ring, che ha avuto un successo mondiale: l’immagine di Sadako che esce dal pozzo è una trovata del film giapponese poi amplificata dal remake americano, nel libro originale la ragazza non compare mai.
Perché la paura è di tipo psicologico, è legata a una videocassetta da cui si trasmette la maledizione. Non è un qualcosa da cui puoi scappare, perché te la porti con te. In questo senso non esiste un luogo sicuro.
In breve
Lunedì 27 gennaio, Minato Koichi e Kano Shuji si sono dimessi dal loro ruolo di presidente e direttore della Fuji TV, a seguito delle accuse di molestie sessuali mosse nei confronti di uno dei volti più noti dello spettacolo, Nakai Masahiro.
Decine di società, nelle ultime settimane, hanno ritirato i propri spazi pubblicitari dall’emittente televisiva, accusata di aver tentato di insabbiare il caso. In conferenza stampa, Minato ha ammesso che la direzione sapeva delle accuse contro Nakai prima che queste divenissero pubbliche senza, però, prendere alcun tipo di provvedimento: “guardando indietro, mi rendo conto che la nostra risposta è stata insufficiente”.
È già il secondo grosso scandalo in cui emerge chiaramente il clima di abusi all’interno del mondo dello spettacolo in Giappone. Alla fine del 2023, l’agenzia per talenti Johnny Kitagawa era stata travolta dalle denunce di violenze sessuali presentate da centinaia di ragazzi nei confronti del suo fondatore, deceduto nel 2019.
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