Il bestseller su capitalismo e crisi climatica del filosofo marxista Saitō Kōhei che nel solo Giappone ha venduto più di mezzo milione di copie è arrivato anche in Italia.
Quindi ci sta che io mi senta un cretino a portare giù l'umido in pigiama, mentre un aereo in partenza da Orio mi sorvola sulla testa vanificando il mio lavoro di fino nel separare le bustine del tè zuppe dal filo con il cartoncino, per una differenziata di qualità.
con 3 mesi di ritardo devo solo sollevare delle perplessità: nel libro si distinguono consumi da emissioni? L'autore considera l'energia nucleare? Riconosce che i paesi del terzo mondo siano in disperato bisogno di energia per svilupparsi? Distingue rinnovabili da nucleare?
La mia sensazione è che l'alfabetizzazione scientifica del mondo accademico filosofico (e viceversa) sia tanto bassa.
La critica di Saito si basa prima di tutto sull'assunto che il capitalismo ha sfruttato le risorse proprio di quei paesi in via di sviluppo che non ne hanno tratto nessun beneficio economico e sociale. Sottolinea come il 10% della popolazione ricca sia responsabile di un terzo delle emissioni, e come se anche solo questa percentuale decidesse di raggiungere i consumi medi di un europeo guadagneremmo del tempo prezioso.
Poi si sofferma sulle nuove tecnologie di stoccaggio della Co2, sostenendo che non sarà una soluzione di questo tipo a fermare la crisi climatica - come nessuna di tipo tecnologico.
Non considera il nucleare, ma se non ricordo male ha iniziato a studiare filosofia all'università e a interessarsi di movimenti politici proprio nel 2011, nell'anno di Fukushima. Non credo che per lui sia una strada percorribile.
Comunque il libro è davvero denso e allo stesso tempo molto divulgativo. Vale la pena leggerlo.
ok, quindi da filosofo muove critiche ad un pensiero, quello che tamponare non serva a nulla e che, anzi, sia controproducente. Dunque c'è bisogno di un passo successivo: scientificamente e pragmaticamente, è possibile crescere nei consumi e ridurre le emissioni? Sì, con il nucleare, che è sicuro e permette ai Francesi di essere il paese sviluppato con il numero di emissioni più basso.
il discorso sulla decrescita lo accetto se vogliamo parlare di consumismo, di stili di vita, di vuoto di idee, di crisi dell'uomo moderno, ma non quando si parla di consumi (e si confonde, forse volutamente, il consumo di energia con l'emissione di CO2)
Sarebbe bello vedere filosofi e ingegneri al lavoro insieme per dare una via al mondo che sia lontana da ideologie utopistiche o da fascismi climatici
Quindi ci sta che io mi senta un cretino a portare giù l'umido in pigiama, mentre un aereo in partenza da Orio mi sorvola sulla testa vanificando il mio lavoro di fino nel separare le bustine del tè zuppe dal filo con il cartoncino, per una differenziata di qualità.
Assolutamente sì, ma continueremo comunque a separare le bustine zuppe dal filo con il cartoncino.
Letto un po’ di tempo fa in inglese: davvero una rilettura interessante di Marx (e del marxismo tramandato da Engels)
con 3 mesi di ritardo devo solo sollevare delle perplessità: nel libro si distinguono consumi da emissioni? L'autore considera l'energia nucleare? Riconosce che i paesi del terzo mondo siano in disperato bisogno di energia per svilupparsi? Distingue rinnovabili da nucleare?
La mia sensazione è che l'alfabetizzazione scientifica del mondo accademico filosofico (e viceversa) sia tanto bassa.
La critica di Saito si basa prima di tutto sull'assunto che il capitalismo ha sfruttato le risorse proprio di quei paesi in via di sviluppo che non ne hanno tratto nessun beneficio economico e sociale. Sottolinea come il 10% della popolazione ricca sia responsabile di un terzo delle emissioni, e come se anche solo questa percentuale decidesse di raggiungere i consumi medi di un europeo guadagneremmo del tempo prezioso.
Poi si sofferma sulle nuove tecnologie di stoccaggio della Co2, sostenendo che non sarà una soluzione di questo tipo a fermare la crisi climatica - come nessuna di tipo tecnologico.
Non considera il nucleare, ma se non ricordo male ha iniziato a studiare filosofia all'università e a interessarsi di movimenti politici proprio nel 2011, nell'anno di Fukushima. Non credo che per lui sia una strada percorribile.
Comunque il libro è davvero denso e allo stesso tempo molto divulgativo. Vale la pena leggerlo.
ok, quindi da filosofo muove critiche ad un pensiero, quello che tamponare non serva a nulla e che, anzi, sia controproducente. Dunque c'è bisogno di un passo successivo: scientificamente e pragmaticamente, è possibile crescere nei consumi e ridurre le emissioni? Sì, con il nucleare, che è sicuro e permette ai Francesi di essere il paese sviluppato con il numero di emissioni più basso.
il discorso sulla decrescita lo accetto se vogliamo parlare di consumismo, di stili di vita, di vuoto di idee, di crisi dell'uomo moderno, ma non quando si parla di consumi (e si confonde, forse volutamente, il consumo di energia con l'emissione di CO2)
Sarebbe bello vedere filosofi e ingegneri al lavoro insieme per dare una via al mondo che sia lontana da ideologie utopistiche o da fascismi climatici